Chi ha detto che la poesia debba necessariamente portarci in mondi altri, farci sognare o beatificare la bellezza di ciò che ci circonda? La poesia puo' essere espressione di disagio, denuncia di situazioni problematiche e contingenti. Ho conosciuto le poesie di Massimiliano Damaggio qualche mese fa e ne sono rimasta colpita, per la loro forza comunicativa e per il loro vivo realismo, privo di fronzoli e manierismi stilistici.
Massimiliano Damaggio è nato il 19 Ottobre 1969 in Brianza e vive tra l'Italia e la Grecia.
Ha cominciato a scrivere quando aveva sedici anni. A diciannove anni, ha scoperto la poesia latino-americana, in particolare quella del brasiliano Carlos Drummond de Andrade e del cileno Nicanor Parra, da lui definita "un universo vitale, profondamente innovativo, multiforme, libero da condizionamenti intellettuali, stereotipi e da un certo manierismo noioso che caratterizza gli europei: una poesia con i piedi piantati per terra, scritta da esseri umani per altri esseri umani". All'età di ventitrè anni ha partecipato alla Biennale dei Giovani Artisti dell'Europa e del Mediterraneo, selezionato per la città di Milano da Giancarlo Majorino. Fino alla fine degli anni '90 ha frequentato la vita culturale milanese per poi abbandonarla del tutto agli inizi del nuovo millennio e trasferirsi ad Atene.
Per dieci anni non ha quasi più scritto poesie. Nel 2011 ha pubblicato con Ensemble Edizioni il libro "Poesia come pietra". Nelle sue composizioni si respirano le contraddizioni di un paese, quello greco, fatto di chiaroscuri, terra arida e volti consumati dal sole e dalle difficoltà quotidiane. Fortissima è l'urgenza di comunicazione e di denuncia di Massimiliano Damaggio: "oggi la poesia deve essere una preghiera. / Nient'altro che una preghiera / in forma di pietra / scagliata con la mano".
Ha appena pubblicato con Clepsydra Edizioni il libro "L'illusione del bipede" in formato e-book. In esso, le parole si trasformano in pallottole con il fine, come afferma il poeta, "di provocare un foro nel muro di gomma asettico che avvolge l'uomo contemporaneo, per lo meno quello economicamente evoluto". Le sue composizioni denunciano la crisi economico finanziaria e l'emergenza sociale che vive la Grecia e, a livello macro, un certo pessimismo sulla natura e sulla condizione dell'uomo contemporaneo che non riesce a liberarsi della propria schiavitù economica, dell'incomunicabilità con l'altro e si allontana sempre più dalla natura e dalla sua primordiale armonia. In sostanza, la principale illusione dell'uomo-bipede è considerarsi universocentrico e altro da quello che veramente è: "gli uomini attuali, gli animali / attuali / camminano, in questa riga, e / il passo è lento, e / l'evoluzione è dubbia". Rimane il dubbio che non ci sia possibilità per l'uomo di evolversi e salvarsi dal proprio declino. Ma poi rileggiamo questi suoi versi e ci chiediamo se la poesia e l'arte non possano un giorno renderci migliori e più consapevoli:
(...)
Possibilmente
un giorno più scuro del solito
la poesia salverà anche me
(...)